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Apollo e Dafne

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                                          A Ernesto Volkening

Mi sono abituato ad amare le sorprese.
Il filo di uno sguardo che stabilisce un ponte silenzioso
in mezzo al chiasso della gente.
Così la vita si lascia dietro il rancore indifeso
e il suo abbandono doloroso
mentre ci consegna umorismo e affetto come pegni.
Eppure, come mantenere quella gioia e farla sussistere,
se sei fedele soltanto alle parole
e il carattere volubile non riesce a concludere
i doveri assunti?
Nessuna responsabilità, tranne il canto.
Ogni responsabilità, perché canto.
Chiedo lo stesso rigore che rifiuto
ma è anche certo
che l’eccesso di miracoli diventa facile
e alla fine solo ci concede una festa frastornante.
Tu sei oggi il mistero senza rive
e la metamorfosi che ti trascina
nel turbinio dei fatti.
Ma come dirlo
se ho sporcato il mio pensiero con deboli desideri
e la fretta mi ha tolto l’intenso fulgore dell’ovvio?
Se sono stato sbadato e fallace
per recuperare con inganni
ciò che la frivolezza aveva degradato?
Volevo parlare soltanto del balsamo che allevia la paura
e del terrore che singhiozza come un animale inerme
alle tre di notte. È così fragile tutto quello che abbiamo
e sono così complesse le corde che ci reggono
che devo controllare aspetto e peso in ogni linea.

Soltanto in questo modo riuscirò a preservare l’innocenza.
La routine quando diventa meccanica ti nobilita.
Per questo volevo portare qui la tua mano
che segna sulla guancia la sua pietà intelligente.
È per causa sua che la coercizione si dilegua
e il tempo riprende a scorrere.
Scrivere è pregare in modo diverso.
Le uniche notizie che valgono la pena le trovi nelle poesie.
Tutti i poeti sono santi e andranno in paradiso.




(da Todos los poetas son santos e irán a cielo, Tutti i poeti sono santi e andranno in paradiso, 1983, in http://www.filidaquilone.it/num019canfield2.html, a cura di Martha Canfield)

 Valentina Rosafio - 12/09/2012 14:54:00 [ leggi altri commenti di Valentina Rosafio » ]

la trovo bellissima!

 Giovanni Ivano Sapienza - 12/09/2012 12:15:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Ivano Sapienza » ]

La finalità della quete è ambiziosa:rispecchiare l’essenza,col suo "ovvio fulgore",nella variabilità della realtà transeunte,"nel turbinio dei fatti".Apollo è non solo inseparabile da,ma inconcepibile senza Dafni.Ma approssimarsi ad un tale traguardo comporta la necessità di tenersi lontano dalle insidie della banalità,del peccato,degli allettamenti di una vita distratta. Il poeta sa bene:anche la poesia può risultare infida,ma non ha che questa per fare appello alle risorse dell’umiltà,della disciplina,per eliminare sbavature ed escrescenze della "routine",nella routine. L’umiltà è dei santi,il poeta,nell’umiltà, cerca se stesso.La poesia è dunque preghiera.

 Alessandra Ponticelli Conti - 12/09/2012 11:58:00 [ leggi altri commenti di Alessandra Ponticelli Conti » ]

Ho letto con attenzione questo bel testo. Innanzitutto credo che la scelta della prosa non sia assolutamente casuale. l’autore non si considera un poeta e ce lo dice con chiarezza. La poesia è,infatti, a suo avviso, la capacità di mantenere viva e costante la sorpresa. Il saper rimanere legati, senza tentennamenti, a quel "filo di uno sguardo che stabilisce un ponte silenzioso in mezzo al chiasso della gente". ma lui non sa farlo, conosce le proprie debolezze e tuttavia pretende dagli altri la qualità di esseri dei poeti. La poesia se vissuta al di fuori di ogni tentazione, diventa santità, e la purezza ( innocenza) una condizione naturale dell’animo che non richiede alcun sacrificio in chi la esercita. il poeta come il santo vive perennemente in uno stato di grazia: ed è poprio questa routine a nobilitarlo.

 Luciana Riommi Baldaccini - 11/09/2012 21:41:00 [ leggi altri commenti di Luciana Riommi Baldaccini » ]

Io non ho proprio capito il messaggio contenuto in questa poesia!!! però è molto probabile che sia una mia difficoltà con il suo linguaggio.
Quanto ai discorsi sul mistero, ecc., ho letto (e apprezzato molto) la tua poesia, e ho letto anche i commenti.

 Loredana Savelli - 11/09/2012 21:33:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Non so se ho colto (e la poeisa e la tua perplessità).
Però è interessante comunque, ciao!

 Loredana Savelli - 11/09/2012 21:29:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

a Luciana.
A volte propongo poeti sconosciuti a me stessa per condividere la scoperta e aprire un dibattito su certi temi. Questo mi pare un poeta fluviale, con un linguaggio prosastico che non manca di suggestioni improvvise. Mi pare di cogliere due temi: il primo è la consapevolezza della nostra incostanza e fragilità (che ci porta a non apprezzare ciò che è routine e in quanto tale nobilitante); i secondo è valorizzare la poesia come strumento per recuperare il tempo non goduto e la coscienza offuscata.
"Come mantenere quella gioia e farla sussistere" si chiede infatti nella parte centrale del testo.
Mi è piaciuta perché con Cristina, Giovanni e Franca oggi c’era stato uno scambio sulle grandi domande di senso e sul mistero e mi pareva che questa voce fosse un contributo inerente.
Un caro saluto

 Luciana Riommi Baldaccini - 11/09/2012 21:04:00 [ leggi altri commenti di Luciana Riommi Baldaccini » ]

Loredana aiutami a capire.
Non conosco questo poeta, come d’altronde molti altri, ma ho difficoltà a comprendere il senso di alcune affermazioni (e anche se sono affermazioni), come "il balsamo che allevia la paura", oppure "preservare l’innocenza", e ancora di più "la routine quando diventa meccanica ti nobilita": personalmente diffido di ogni "balsamo", non apprezzo "l’innocenza" se corrisponde a una totale inconsapevolezza che a sua volta determina il carattere "meccanico" dell’agire, che dunque a mio parere non "nobilita" affatto. In breve, cosa ci vuole dire il poeta? E se "scrivere è pregare in modo diverso" (questo lo possiamo anche condividere), perché questa "santificazione" di un particolare modo di pregare?

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